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LEONARDO
MALAIGIA

Autopsy

Discreto horror soprannaturale con un’ottima messa in scena elogiato da Stephen King e Guillermo del Toro. A sei anni da Trollhunter, l’esordio horror girato in patria che lo aveva fatto conoscere al pubblico internazionale, il norvegese Andrè Ovredal con questa sua seconda opera, la prima prodotta negli USA, abbandona lo stile del falso documentario proponendo un film interessante che inizia come un giallo per poi dirigersi ben presto verso i territori del film dell’orrore con forti connotazioni soprannaturali.

            Quasi interamente ambientato all’interno di un obitorio a gestione familiare di una cittadina della Virginia, Autopsy si apre infatti sull’enigmatica scena di un crimine della quale, insieme a numerosi corpi privi di vita, viene ritrovato il corpo di una giovane donna di cui sulle prime non si riesce a ritrovare l’identità né il motivo del decesso.

            Viene allora affidato all’esperto medico legale Tommy Tilden (Brian Cox), coadiuvato dal figlio Austin (Emile Hirsch) che gli fa da assistente, il compito di fare luce su quanto accaduto alla ragazza. Mano a mano che vanno avanti con la loro indagine emergono aspetti sempre più inquietanti, ben poco legati al mondo della scienza.

            I due si ritroveranno a lottare strenuamente per la sopravvivenza. Un’ottima regia per un teso film d’atmosfera. Come del resto anche l’opera prima Trollhunter, Autopsy nel complesso è stato accolto abbastanza bene dalla critica statunitense e in più ha potuto contare sull’appoggio di personaggi come King e del Toro che ne hanno elogiato la regia, il ritmo, e le interpretazioni.

            Il lungometraggio è senza ombra di dubbio un horror che riesce a ricreare con abilità un’apprezzabile atmosfera di tensione, rendendo in maniera appassionante la ricerca da parte  dei due uomini della verità sulla causa della morte della ragazza. La messa in scena è intrigante e il regista conferma il proprio talento esibendosi in una regia asciutta, funzionale alla narrazione e soprattutto consapevole.

            Ci sono però limiti nella sceneggiatura: è un discreto b-movie senza troppe pretese. Il punto di forza del film di certo però non risiede nella trama e nella sceneggiatura. Sebbene l’idea di partenza sia buona e il copione riesca a creare le condizioni necessarie per uno sviluppo narrativo piuttosto incalzante, il rapporto e i contrasti tra loro due rimangono molto in superficie e questo non permette mai davvero di empatizzare con i due protagonisti assoluti, nonostante le buone interpretazioni degli attori.

            Il film nella risoluzione della vicenda finisce per andare a parare su aspetti già visti in diverse occasioni, che risultano poco stimolanti e convincenti, impedendo così all’horror di andare oltre il livello di un discreto b-movie. Però ha il pregio di ammettere di non avere alcuna intenzione di prendersi troppo sul serio.

Captain Movie

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